A bocca aperta: gli sbadigli contagiosi
Perché se qualcuno ci sbadiglia in faccia sbadigliamo anche noi?
Lo sapevate che sbadigliamo già prima di nascere? Eh sì, degli studi hanno dimostrato che anche i feti durante la gravidanza sbadigliano. Solo che loro ancora non hanno il ritmo sonno-veglia, quindi perché accade?
Cosa sono gli sbadigli
Lo sbadiglio è una funzione del nostro corpo che prende circa da 3 a 10 secondi e si compone di tre fasi diverse che vanno a coinvolgere numerosi muscoli del collo e della bocca, cosa che lo rende impossibile da nascondere.
Il motivo per cui sbadigliamo però non è la necessità di ossigeno al cervello, ma ci sono varie cause. Infatti, lo sbadiglio spesso denota un imminente cambiamento d’animo: dal sonno alla veglia, dalla sazietà alla fame e dalla noia all’attenzione. Questo perché si tratta di un riflesso di attivazione del cervello, che ci costringe ad essere più attenti. Solo che ancora non si sa chi è nato prima! Se è lo sbadiglio che sveglia il cervello o se è il cervello che svegliandosi sbadiglia.
Però perché è così contagioso?
Tanto che anche solo leggendo questo articolo molto probabilmente avete sbadigliato?
Semplice, perché in realtà esistono due tipi di sbadigli, quello fisiologico (che segnala un’esigenza corporea) e quello psicologico (che è dettato dalla noia o dall’imitazione).
Sbadigliare infatti è un segnale sociale! Tutto nasce dell’effetto camaleonte e dell’empatia, secondo cui inconsapevolmente tendiamo a copiare i movimenti di chi ci sta davanti. Sono tutte cose che afferiscono ai neuroni specchio, delle particolari cellule nervose del nostro cervello che ci aiutano ad imitare altri e ad imparare dagli altri.
A che serve imitare lo sbadiglio? Siamo animali sociali anche se asociali! Sbadigliare è un collante sociale che ci aiuta ad entrare in empatia con gli altri! Infatti, ci facciamo contagiare da chi ci conosce e con cui stiamo bene di solito. Questo si è capito studiando i bambini, i quali diventano soggetti al contagio dello sbadiglio solo dai 4 anni in su, perché prima non è ancora sviluppata la comprensione delle emozioni altrui.