Pareidolìa, Apofenia e Bias cognitivo

Gli inganni della nostra mente

 

Oggi si parla di Pareidolìa!

Che parola strana. Secondo il vocabolario Treccani la pareidolìa può essere definita come:

“Processo psichico consistente nella elaborazione fantastica di percezioni reali incomplete, non spiegabile con sentimenti o processi associativi, che porta a immagini illusorie dotate di una nitidezza materiale.”

Sempre troppo complicato vero?

In poche parole, si tratta di un’illusione semi cosciente (subcosciente) che ci permette di vedere forme note (come delle facce) in oggetti dalla forma casuale.

Sono sicura che tutti almeno una volta nel web hanno incontrato l’immagine “drunk octopus want to fight”. Pareidolìa!

Si tratta di un fenomeno piuttosto comune, anche se non tutti siamo in grado di vedere queste forme.

Il motivo per cui si verifica questa illusione risiede sempre nella necessità del nostro cervello di dare un significato a ciò che ci circonda per semplificare la realtà (come con le etichette).

In pratica quando vediamo un granchio o un unicorno su una nuvola… quella è la pareidolìa. È anche la stessa che ci permette di vedere delle facce sul muso delle macchine o la madonna in una macchia di ketchup.

Se ci pensate è proprio grazie a questa nostra capacità che riusciamo a percepire le emoticon come tali e non come due puntini ed una parentesi 😊.

Perciò tranquilli! Anche in questo caso non siamo matti.

Però non vediamo tutti sempre le stesse cose, come mai? Ciò che noi vediamo e diamo come significato, dipende dalle nostre esperienze passate e dal nostro vissuto.

Pertanto, se nella nostra vita siamo stati influenzati dall’idea dell’occulto o da uno specifico credo, ecco che quando ci cadrà il caffè, nella macchia che si formerà noi vedremo la madonna od un fantasma. È esattamente così che nascono i fenomeni paranormali.

Nella realtà si tratta del potere creativo della nostra mente!!

La pareidolìa può essere anche uditiva, non solo visiva. Quindi quando sentite satana… tranquilli che ve lo siete immaginato.

Ma vi dico di più! Questo fenomeno è anche alla base di un famosissimo test psicologico. Esatto il test di Rorschach. Quello in cui si mostrano delle macchie d’inchiostro e si tenta di fargli dare un senso dal soggetto.

 

Apofenia

E mo che è?

L’apofenia è la più generale capacità di un individuo di identificare schemi o connessioni in dati casuali o senza alcun senso. E semplicemente la pareidolìa è un tipo di apofenia.

In economia comportamentale questo fenomeno viene definito come Bias Cognitivo.

Secondo la materia la nostra mente spesso funziona utilizzando dei meccanismi chiamati euristiche. Le euristiche sono delle scorciatoie che la mente crea per ottenere una risposta a processi decisionali complessi. I bias cognitivi, non sono altro che il rovescio della medaglia delle euristiche.

La differenza tra le due consiste nel fatto che mentre le prime sono scorciatoie rapide ed intuitive estrapolate dalla realtà per ottenere conclusioni veloci. Le seconde sono euristiche inefficaci usate per esprimere giudizi che poi diventano pregiudizi e che non si basano su dati reali.

Un esempio di bias cognitivo è il bias di ancoraggio, secondo il quale prendiamo decisioni affidandoci solo al confronto di un insieme limitato di elementi. Ovvero, ci fissiamo su un valore che viene poi usato arbitrariamente per un confronto invece che in modo assoluto.

Detto in poche parole sono tutti quei meccanismi di “difesa” della nostra mente, che però ci rendono di fatto ciechi e ci portano a pensare in maniera irrazionale.

 

E quindi?

Niente ragazzi con questo articolo volevo solo dire che non si può comandare su questi bias o su queste euristiche. Sono processi inconsci e spesso automatici. Processi che di solito vengono anche coperti da spiegazioni logiche e razionali che in realtà hanno poco a che vedere con loro.

Quello che si può fare è cercare di ricordarci che il 99% delle decisioni che prendiamo in realtà sono dettate dalle nostre emozioni e dalle nostre paure. Una volta capito questo, possiamo avere comunque una visione migliore sul perché effettivamente agiamo in un certo modo.

La stessa cosa si adatta anche alla nostra capacità di pensare che se ci capita un evento sfortunato, quello sia a causa di qualcosa che abbiamo fatto o che sia l’universo che ci manda un segno.

Un po’ come quando tempo fa decisi di andare a correre e appena uscita di casa un piccione mi fece l’onore di benedirmi. Nella realtà, non c’è collegamento tra le due cose.

Siamo noi che glielo diamo inconsciamente e così facendo chiudiamo gli occhi e ci facciamo sopraffare dall’ambiente. Pertanto, prendiamo ciò che accade come una sorta di conferma per cui abbiamo sbagliato a fare quella cosa o non siamo abbastanza. Una cosa del tipo: “ecco me lo ha detto pure il piccione cavolo, io a correre non ci devo andare tanto non cambia nulla!”

Dopo quel giorno, naturalmente non sono più andata a correre (scherzo)!

 

 

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